La violenza domestica è il comportamento abusante di uno o entrambi i compagni in una relazione intima di coppia, quali il matrimonio e la coabitazione. Si estrinseca in molte forme, quali abusi sessuali, aggressione fisica, minacce di aggressione, intimidazione, controllo, stalking, violenza psicologica, trascuratezza, deprivazione economica.
Sussiste violenza domestica quando, in un rapporto familiare a carattere coniugale o affine sia esistente che sciolto, vi sono persone che usano o minacciano di usare violenza fisica, psicologica o sessuale (Schwander 2003). Con questa definizione s’intende sottolineare che la violenza domestica può manifestarsi anche all’interno di coppie conviventi o separate
La violenza domestica si manifesta sotto
varie forme, che possono concretizzarsi in modo isolato o congiun-to, e si
distinguono a seconda della costellazione relazionale, del sesso e dell’età
delle persone coinvolte. Le diverse forme di violenza vengono esercitate
attraverso il compimento o la minaccia di compiere tali atti. Possono
verificarsi nell’ambito di una comunione domestica esistente o sciolta.
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La
violenza fisica comprende azioni quali percuotere (con e senza oggetti),
spingere, scuotere, mordere, strangolare, legare, colpire con oggetti e
aggredire fisicamente, talvolta fino a un esito letale. Quella fisi-ca è la
forma di violenza più evidente e di regola più facile da dimostrare; il più
delle volte si accompa-gna ad altre forme di abuso.
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La
violenza sessuale comprende ogni pratica sessuale non desiderata o
tollerata che spazia dall’imposizione di un’atmosfera sessualizzata passando
per le umiliazioni di carattere sessista, alla co-strizione di atti sessuali,
fino alla violenza carnale. Per sfruttamento sessuale di bambini e
adolescenti s’intende qualsiasi forma di atto sessuale commesso contro di
loro sia da adulti che da minorenni.
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La
violenza psicologica comprende sia minacce gravi, coazione, privazione
della libertà, stalking, ciber-stalking e ciberbullismo (stalking e mobbing in
Internet), sia forme che, di per sé, non costituiscono una minaccia immediata
ma che, una volta sommate, devono essere considerate alla stregua di un atto di
violenza. In questo ambito rientra la violenza di carattere discriminatorio,
sotto forma di disprezzo, offe-se, umiliazioni, biasimo, messa in ridicolo
della vittima dichiarandola pazza o stupida, sfruttamento dei minori come mezzo
coercitivo, biasimo che infonde sensi di colpa, intimidazione o insulto.
L’esercizio prolungato di questi atti di violenza si ripercuote – a volte
gravemente – sull’autostima e sulla salute delle vittime. Anche determinate
esperienze di maltrattamenti «indiretti» sono considerate violenza
psicologi-ca, come l’assistere ad abusi nel rapporto di coppia dei genitori o
le torture inflitte ad animali domestici appartenenti alla vittima.
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La
violenza sociale comprende le limitazioni imposte alla vita sociale di
una persona, quali il soggioga-mento, la segregazione, il divieto o il
controllo severo dei contatti con la famiglia o con il mondo esterno o anche il
divieto di apprendere le lingue nazionali.
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La
violenza economica comprende il divieto di lavorare, la costrizione a
lavorare, il sequestro del salario, la facoltà di disporre esclusivamente delle
risorse finanziarie arrogatasi da uno/una delle/dei partner e l’obbligo a
sottoscrivere contratti di credito.
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Il
matrimonio forzato è considerato una forma specifica di violenza domestica. In
genere si parla di ma-trimonio forzato quando la futura sposa o il futuro sposo
subisce una pressione affinché accetti l'unione prevista.
La violenza sociale ed economica sono manifestazioni di violenza psicologica e rappresentano comporta-menti che nella loro globalità mirano a controllare la vittima e a limitarne la libera volontà (Manuale IST 2012; Bossart 2002; Servizio per le pari opportunità 2011).
Dinnanzi a un conflitto nell’ambito di un rapporto di coppia, occorre fare la distinzione tra lite e violenza do-mestica. La differenza principale risiede nel rapporto di potere che si instaura tra le persone implicate. La relazione violenta è caratterizzata da un rapporto asimmetrico tra i partner. Si tratta di una relazione nella quale la violenza consente di ottenere e mantenere il dominio e il controllo sull’altra persona8.
La violenza non è tutta uguale. La violenza domestica, oltre alle aggressioni fisiche che lasciano ferite evi-denti, si manifesta spesso (anche) in forme più sottili, come le intimidazioni, le umiliazioni, le minacce o i divieti di intrattenere contatti sociali9, mirati e duraturi. Anche queste forme invisibili rientrano nella nozione di violenza domestica, benché non possano essere ricondotte a una concezione della violenza basata unica-mente sulle conseguenze fisiche. Una rappresentazione così parziale del fenomeno impedisce reazioni so-ciali e giuridiche adeguate e ostacola il riconoscimento dei diritti corrispondenti da parte dello Stato e della società (Social Insight 2012).
Ai disturbi
di salute si aggiungono molto sovente anche problemi sociali come la
stigmatizzazione e il conse-guente isolamento. Le vittime della violenza
domestica si vergognano per quello che subiscono e sono con-frontate con i tabù
che avvolgono questa tematica. Molte non trovano il coraggio di parlare delle
proprie esperienze e di cercare aiuto, per cui tendono ad isolarsi.
Specialmente le donne che si separano da un compagno violento sono
spesso confrontate con difficoltà finanziarie. A causa della persistente
disparità di trattamento nella vita professionale, capita spesso che do-po una
separazione o un divorzio le donne non riescano ad essere autonome
finanziariamente e debbano quindi ricorrere allaiuto sociale.
Diverse
ricerche dimostrano che le conseguenze della violenza domestica possono essere
drammatiche non solo per le persone che la subiscono ma anche per i loro figli
minorenni. Molti bambini e adolescenti sono testimoni della violenza tra i
genitori o altri membri della famiglia e non assistono «soltanto» a scontri
verbali ma anche a vie di fatto che a volte sfociano in pesanti forme di
violenza fisica e sessuale.
Il reato è procedibile sia d’ufficio (senza una formale
denuncia dell’offeso), sia a querela di parte. La vittima non deve far altro
che recarsi in questura o presso la stazione dei carabinieri, e gli organi
deputati redigeranno opportuno verbale dell’intervento. Tuttavia, per la
stesura dell’atto di querela è sempre possibile rivolgersi ad un avvocato.
Sicuramente, chi è stato denunciato deve rivolgersi ad un avvocato
specializzato in ambito penale, affinché costui predisponga gli opportuni atti
difensivi. Dalla denuncia hanno inizio le indagini, che culmineranno nella
richiesta da parte del pubblico ministero al Giudice per le indagini
preliminari (il Gip) di rinviare a giudizio il colpevole, oppure di disporre l’archiviazione
del procedimento penale in corso . Solo nel primo caso il processo continuerà,
e potrà portare alla condanna dell’aggressore.
Spero che per qualcuno possa fare la differenza
Molto, molto, molto interessante.. il problema è che alcuni tipi di violenza non sono facilmente dimostrabili. Non solo, ma nel caso di archiviazione del processo, non oso pensare quale ripercussioni potrebbero esserci da lì in avanti.. considerato che siamo in Italia e che la giustizia fa veramente schifo.
RispondiEliminaNon è un buon motivo per non provarci. Resistere per i figli non vale quando c'è un pericolo reale per te per i figli.
EliminaCome dice Sara...E' uno schifo di giustizia, tempi lunghi...Fai in tempo a farti ammazzare davvero...
RispondiEliminaCredi che l'alternativa sia fare a finta di nulla? io no
EliminaSoprattutto quando si ha la reale possibilità di fare qualcosa per stare bene
No, mai...ma io ho "i mezzi" l'appoggio eventualmente della famiglia, ma per chi è sola e "non creduta" o addirittura considerata responsabile è piu' difficile
EliminaHo sentito parlare anche di mobbing (il Tato dice che come termine e in legge non esiste) nel matrimonio...Ma non si riesce quasi mai a dimostrare...
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